Anselmo Cachorro spuntò così un’altra delle cose da fare per l’amatissima nonna defunta. Liberarla dalla terra che le premeva sul viso, per farla volare via dal paese che odiava ma di cui amava ogni giorno che vi aveva trascorso. Perché erano gli anni in cui aveva cresciuto il suo Cachorrito, diventando una vecchia e tenera tigre. Ma solo per lui, e per chi gli portava rispetto. Per gli altri rimase la stessa di sempre. Una donna imprendibile, segreta e sarcastica. Che non celava mai il suo disprezzo verso quella gente impicciona e maligna. A SALMI LITURGI diceva, mangiano chiacchiere e bevono mosto. Non ne trovi di più idioti in tutta ZURETTA. Neanche al manicomio di ZIMBI. Ma quelli sono pazzi, non idioti. E i pazzi sono un passo avanti agli idioti. I pazzi credono ancora in se stessi, gli idioti soltanto alle chiacchiere. I pazzi sono credenti, gli idioti creduloni. Ridacchiava la nonna mentre accompagnava a scuola Cachorrito. Instillando a ogni andata e ritorno un pizzico della sua libertina saggezza nella testolina dell’amato nipote. Che la ascoltava sempre come un dio sceso in terra. Un dio tutto per lui, capace di mettere in posa le stelle, e di preparare pietanze squisite con pochi ingredienti. Per questo anziché andare a scuola preferiva stare accanto alla nonna. Ma lei lo trascinava in quell’aula. Tra figli di idioti che avrebbero certamente eguagliato quei genitori. Se non superato, ghignava la nonna. Dato che scampare a certi destini è quasi impossibile. C’è solo un motivo per cui ho deciso di crescerti qui, disse un giorno la nonna. Credo di averlo capito, rispose Anselmo Cachorro. Non avevo alcun dubbio, tagliò allora corto l’amatissima nonna defunta accarezzandogli il viso. A lui sembrò di sentire quel soffice tocco, mentre si versava nel piatto un altro cucchiaio di riso di LAMBO. Come fosse la nonna stessa a servirlo un’ultima volta, per poi abbandonare i fornelli ai quali era ancora aggrappata, e ritornare a essere un dio tra le stelle. Anselmo Cachorro non nascose le lacrime. Anzi, era talmente lontano in quella visione, che gli sembrò di piangere senza nessuno lì intorno. E poiché Faustino fece segno di fare silenzio, lui continuò a piangere protetto dai loro sguardi commossi. Finché la bambina non gli strinse una mano. E dopo averla baciata gli disse Cachorro, ti prego, per me è insopportabile. Lui allora sorrise. Le accarezzò il viso come aveva fatto la nonna, e rispose va bene. Poi sfilò dal colletto della bambina il cordino di cuoio. Fece tre nodi ognuno diverso dall’altro, e glieli posò su un palmo di mano. Ecco le disse, queste sono le lacrime che hai mutato in sorriso. Conservale tu, che io le perderei di sicuro.
Anselmo Cachorro, FINE.
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