Era diventato ormai un gioco. La galleria ‘Mameli’– che da Piazza Palermo conduce al mare – era la nostra seconda casa. Appena suonava l’allarme, mia madre mi prendeva in braccio e correva alla galleria, dove avevamo montato una piccola tenda, proprio nella grande curva che sale verso via Zara. Mio padre, lui continuava a dormire, nel suo letto, nel sonno ‘maledicendo gli Inglesi’, come gli aveva insegnato il giornalista del regime, Mario Appelius. Ma quella notte di aprile del ’45 tutto era diverso. La gente non sembrava più spaventata: in preda, piuttosto, a una contagiosa e per me inspiegabile allegria. Ci rifugiammo in un braccio laterale della galleria.
Nessuno dormiva, tutti chiacchieravano eccitati. Qualcosa di straordinario stava per accadere.
Ricordo un mucchio di sabbia e una pala: felicità! Neppure io riuscii a dormire. Dovevo lavorare.
Per tutta la notte – così parve al bambino indaffarato con la sabbia e la pala–si sentì il rombo di carri armati e veicoli pesanti che percorrevano la galleria diretti al centro città.
A Villa Migone il generale Meinhold firmava la resa dei tedeschi.
Cessato il fragore della ritirata, uscimmo tutti all’aperto, frastornati, in silenzio, affrontando un mondo diventato improvvisamente ignoto.
Era ancora buio e io – bambino di quattro anni, vissuto nell’oscuramento e sotto i bombardamenti – per la prima volta vidi Genova illuminata: spettacolo meraviglioso inaudito della normalità che si ristabiliva. I primi tranvai lasciavano le rimesse. Gli uomini uscivano cauti dalle loro tane notturne. ‘Dove andare, con chi stare, sotto quali bandiere? ’si chiedevano.
Che direzione avrebbe preso la nuova, fresca, rischiosa libertà di quel 25 aprile?
Michele Marchesiello
articolo scritto dalla redazione de La voce del Circolo Pertini
Copertina: Genova24
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